Quanto è alta la tua protezione emotiva?

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Prima Parte: Protezione 100

Non è la protezione solare che usiamo ora, con l’inizio del caldo intenso dell’estate. Non è neanche la protezione che utilizziamo in questo periodo di post-lockdown.

Voglio parlare di un altro tipo di protezione: quella del cuore! Quanto è alta la tua?

Oggi mi concentrerò su quella che possiamo definire: protezione 100.

Mi capita di aiutare persone adulte, genitori, ragazzi che tendono ad iperproteggersi o ad iperproteggere gli altri, in maniera così intensa e ripetuta tanto da arrivare a costruire delle vere “fortificazioni naturali”.

Parlo di uno schermo totale dalle relazioni che immaginiamo, già in partenza, potenzialmente nocive per noi: perché ci siamo scottati in passato una, due o più volte ed è rimasto un segno, una traccia emotiva a ricordarcelo. Non è solo la paura ma è la “paura di avere paura” di qualcosa o di qualcuno, come l’effetto valanga: rende più forte l’evitamento di certe situazioni e ciò non fa che confermare il fatto che “c’è qualcosa di cui avere timore”, qualcosa da cui proteggersi appunto. Il senso di disagio aumenta e ci fa alzare le barriere… E’ come se ci trovassimo in un vortice che ci risucchia oppure è come se la nostra percezione fosse confusa o appesantita e ci allontana dalla possibilità di concederci proprio quell’attimo, quella condizione che può renderci felici e sereni.

Ci sono genitori iperprotettivi che si sostituiscono continuamente ai figli, rendendo la loro vita più facile, in quanto agiscono nelle migliori intenzioni ma il risultato nella maggior parte delle volte ha risvolti fortemente negativi. Eliminare tutte le difficoltà fino a intervenire direttamente, facendo le cose al posto loro, non permette ai figli di responsabilizzarsi e crescere. Non intendo la crescita fisica e fisiologica ma quella che ha a che fare con la loro identità e vita pragmatica, sociale ed emotiva.

Ci sono persone adulte e adolescenti fortemente delusi dagli altri. L’atteggiamento è spesso arrendevole e demotivato. In molti casi, più si rinuncia e maggiori probabilità ci sono che si possa credere di essere incapace ad instaurare una relazione soddisfacente, duratura ed appagante con l’altro/l’altra. E, inevitabilmente, il più delle volte si mette in scena il ruolo della vittima, che non è percepito come ruolo ma come parte di sé stessi e non si vuole o non si riesce a percepirne delle altre, più funzionali al nostro benessere. La delusione di qualcuno per noi importante, ci fa però avere anche una visione diversa del nostro ruolo all’interno delle reti di relazioni che intrecciamo nella nostra vita: sono comunque occasioni preziose di apprendimento!

Le delusioni d’amore sono tante, differenti, perché tante e diverse sono le sensazioni, le aspettative, i desideri, i pensieri, i bisogni, che vi ruotano intorno. L’investimento emotivo implica sempre un mettere in gioco parti di noi. E se è vero che “l’importante non è vincere ma partecipare”, allora iniziamo.

Inizia a darti la possibilità di capire che puoi esporti al sole senza scottarti… Puoi anche abbassare un po’ l’intensità di protezione, quel tanto che basta al tuo cuore per sentirti vivo!

 

Dott.ssa Francesca Di Niccola

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